di
Mario Gaudio
Il lavoro intellettuale di Jean Guitton |
Il lavoro intellettuale è un libro che stupisce per la sua
semplicità, dato ancor più rilevante dal momento che si tratta dell’opera di un
filosofo che, contrariamente ai suoi colleghi, sfugge all’utilizzo di un linguaggio
astratto e quasi iniziatico.
Tuttavia, l’umiltà della forma non deve erroneamente indurci
a pensare ad una povertà contenutistica che, sicuramente, non è attribuibile al
suddetto testo.
Jean Guitton entra quasi in punta di piedi per distillare tra
le pagine anni di esperienze vissute nel campo degli studi e sintetizzare i
principali insegnamenti che ne ha tratto. Non è un caso, infatti, che lo stesso
autore dichiari di aver generato un «libretto di consigli», destinato a tutti
coloro che studiano o lavorano.
Certo, scorrendo i vari capitoli, ci si rende immediatamente
conto del fascino di pagine concepite nella calma e nel silenzio, quasi in
netto contrasto con il rumore e la frenesia che la civiltà tecnocratica odierna
ci impone ma, forse proprio per questo motivo, i messaggi di Guitton arrivano a
colpire in maniera efficace la sensibilità di un lettore ormai non più abituato
alla riflessione, assuefatto ad un bombardamento informativo tanto rapido
quanto labile che scorre sulla rete o comunque attraverso testi mal scritti o
autori inspiegabilmente prolifici le cui pagine, foraggiate a sproposito da
enti, associazioni culturali ad personam o addirittura ministeri, tritano
inesorabilmente un unico concetto, magari anche inizialmente valido, ma
presentato al lettore in salse diverse e in acrobatiche e illeggibili
variazioni.
Guitton, forte della sua attività culturale e
dell’esperienza della privazione (consumatasi nella lunga prigionia presso il
famigerato campo Oflag IV D durante gli anni Quaranta), stimola a sviluppare un
metodo di lavoro e ad utilizzare al massimo grado le nostre energie mentali in
modo da produrre maggiormente e con minor fatica, tenendo sempre presente che
la ricerca della perfezione ghiaccia le facoltà e paralizza la fantasia, dacché
ci si impone di raggiungere un attributo che appartiene alla divinità, ma che
non connota la specie umana.
Ecco dunque che, tra le pagine, si delinea il ritratto del
vero intellettuale che, in fin dei conti, non possiede molte cognizioni, ma ha
l’abilità di usarle adeguatamente e, soprattutto, riesce a carpire ciò che può
essergli utile dalle situazioni più disparate, consapevole del fatto che
scegliere un progetto significa, molte volte, escluderne altri ugualmente
validi e giustificabili. A ciò si associa la capacità di utilizzare con
maestria i vari tipi di argomentazione (a priori, a posteriori e a contrariori),
l’astuzia di fare sempre affidamento su autorevoli studi precedenti e la
docilità nel lasciarsi guidare dal desiderio che, in fin dei conti, è l’unico,
potente e affidabile motore della vita umana.
Il filosofo francesce Jean Guitton (1901 - 1999) |
Nei più svariati casi dell’esistenza, l’uomo trova poi un
fedele alleato nei libri, «precipitato» della vita quotidiana capace di
metterci in contatto con «la magia di altre esistenze» e situazioni consumatesi
in epoche e luoghi remoti.
Insomma, col suo ritmo cadenzato, quasi da antica nenia,
tipico di una certa cultura cattolica del Novecento, Il lavoro intellettuale
penetra nelle fibre intime del lettore innescando un processo nostalgico che,
inevitabilmente, porta a riconsiderare l’utilizzo del tempo a nostra
disposizione e a meditare sull’instabilità intrinseca di cose e sentimenti. Un
libro ideale, dunque, per fredde e piovose serate d’inverno, con pagine che ben
si conciliano col crepitio nel focolare e una bevanda fumante; un testo
essenziale per creare attorno a noi una pace da chiostro che, stranamente,
risulta più assordante del volume del televisore.
(Pubblicato su dirittodicronaca.it, Registrazione Tribunale
di Castrovillari (Cs) N. 4/09 del 02/11/2009)
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