di
Mario Gaudio
Seppure è un
modo anomalo di procedere, mi piacerebbe introdurre la recensione di A un
passo dal baratro di Paolo Brosio con una citazione che è balenata nella
mia mente al termine della lettura del testo in questione: «Morire per una
religione è più semplice che viverla con pienezza; lottare in Efeso contro le
fiere è meno duro (migliaia di martiri oscuri lo fecero) che essere Paolo,
servo di Gesù Cristo; un atto è meno che tutte le ore d’un uomo».
Certo le parole di Borges, appena citate, potrebbero sembrare brutali ma,
riflettendoci bene, la testimonianza di chi si sforza di vivere cristianamente
in mezzo ad una società secolarizzata ed indifferente può essere, a ragione, paragonata al tributo di sangue che i primi martiri dovettero pagare per tener
fede all’amore nei confronti di Cristo e dei suoi insegnamenti.
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Il giornalista e conduttore televisivo Paolo Brosio |
Del resto, la testimonianza della propria fede diventa atto necessario e
spontaneo dopo aver conosciuto Cristo, come descrive san Paolo (prima
persecutore accanito dei cristiani poi zelante annunciatore del Vangelo) nella Prima lettera ai Corinzi: «Infatti annunciare il Vangelo non è per me un vanto,
perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo»
(1 Cor 9, 16).
Idealmente
proprio la conversione (etimologicamente il latino convertere indica un
cambiamento di direzione) lega Paolo di Tarso ad un altro Paolo (Brosio
appunto) che, pur non perseguitando spada alla mano i cristiani, si è trovato
ad avversare quelli che sono i principi e i valori del cristianesimo per mezzo
di una condotta sregolata e priva di senso.
Sin dalle prime pagine di A un passo dal baratro Brosio evidenzia la
netta cesura tra la vita passata e quella presente attraverso la realistica
descrizione di episodi ed eventi che hanno connotato la sua vita professionale
e privata. Scorrono così le immagini pubbliche di uno dei volti più noti della
televisione italiana: i servizi per il Tg4 in cui Brosio commentava le
deplorevoli vicende di Tangentopoli; la conduzione di Domenica In con Carlo
Conti, Rosita Celentano, Iva Zanicchi e Matilde Brandi; le memorabili pedalate
di Un uomo solo al comando per seguire i campioni del ciclismo che si
cimentavano nelle difficili e appassionanti tappe del Giro d’Italia; le vicende
sentimentali di Stranamore; gli incantati paesaggi di Linea Verde; le gag
della pubblicità Agip.
Accanto a tutto questo, a fare da contraltare ad un conduttore televisivo
solare, una vita privata vissuta nella notte e nel vizio: l’ambizione
lavorativa che porta Brosio al divorzio da Serena (sposata nel 1989); il vagabondare
notturno nei locali più alla moda; i trasgressivi festini a base di alcol,
droga (cocaina compresa) e sesso.
Tutto ciò fino al 2008, l’anno della svolta che si manifesta con il desiderio
irrefrenabile di recitare un’Ave Maria dopo una notte di baldoria e
trasgressione in un appartamento della Torino vecchia. Questo episodio riporta
alla mente l’inquietudine della notte dell’Innominato di manzoniana memoria
che, dopo una vita di scelleratezze, riscopre nel buio della sua stanza il
dolce sapore delle preghiere imparate da bambino e si apre da quel momento alla
conversione.
Di certo la preghiera mariana recitata da Brosio nella notte torinese non è il
frutto di un pentimento improvviso, quanto piuttosto il lungo sedimentarsi
nell’animo di dolori che trovarono in quelle ore uno sfogo naturale
nell’accorata richiesta d’aiuto alla Vergine.
Nei mesi precedenti una serie di disgrazie avevano in effetti colpito Paolo
Brosio: un ricovero urgente a causa di un’ulcera perforante, la morte del
padre, l’incendio doloso del Twiga (prestigioso locale della Versilia gestito
in società con Flavio Briatore, Marcello Lippi e Daniela Santanchè) e,
soprattutto, il divorzio da Gretel (giovane ragazza cubana rimasta incinta nel
mentre tradiva l’innamorato Brosio).
Ad un tratto “la svolta di Torino”, il desiderio di cambiare vita,
l’avvicinamento alla confessione e il primo pellegrinaggio a Medjugorje, oasi
dello spirito nella martoriata terra di Erzegovina.
Inizia dunque la descrizione della nuova vita di Brosio, un percorso non
facile, costellato di tentazioni e ricadute, ma sostenuto solidamente da una
vita di preghiera e testimonianza.
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La parrocchia di San Giacomo a Medjugorje |
Il libro stesso cambia tono, diventa più luminoso e scorrevole nella
descrizione dei vari pellegrinaggi in terra bosniaca, degli incontri con i
veggenti, delle (presunte) guarigioni e dei progetti di solidarietà che Brosio
stesso organizza per sostenere gli orfani e gli anziani ospitati nella
struttura di accoglienza di suor Kornelya presso Citluk.
Molto suggestiva è anche la vicenda del Cristo pensante delle Dolomiti in cui
Brosio descrive l’incredibile avventura che ha condotto alla posa sul monte
Castellazzo di una statua del Redentore. Il tutto conduce alla vita di Maria
Domenica Lazzeri (La Meneghina), una mistica vissuta proprio in quelle zone
nella prima metà del XIX secolo.
Da non dimenticare poi le avvincenti testimonianze tenute dallo stesso Brosio
presso il Palasharp di Milano e a Rimini, in occasione della 32ª Convocazione
Nazionale del Rinnovamento nello Spirito Santo.
In ultima analisi Brosio appartiene ad una schiera di personaggi pubblici (l’ex
primo ministro britannico Tony Blair, l’attrice Claudia Koll, il calciatore
Nicola Legrottaglie, la nobildonna e scrittrice Alessandra Borghese) che hanno
ritrovato la fede in un momento particolare della loro vita.
A un passo dal baratro è il racconto di questo percorso che rimanda nella
sua natura alle Confessioni di S. Agostino. Non è un caso che nei rimpianti
dovuti alla insensata condotta del passato Brosio sembra far riecheggiare il
«tardi ti ho amato, Bellezza tanto antica e tanto nuova, tardi ti ho amato!» di
agostiniana memoria.
(Pubblicato su dirittodicronaca.it, Registrazione
Tribunale di Castrovillari (Cs) N. 4/09 del 02/11/2009)
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