di
Valeria Alescio
Il valore della vita lo comprendi quando non ti è permesso
di vivere una vita “normale”!
È questo che accade, per uno scherzo del destino, a
William Traino protagonista del film “Io prima di te”, insieme a Louisa Clark;
tratto dall’omonimo romanzo di Jojo Moyes, il quale ha riscosso un grosso
successo richiamando l’attenzione di moltissimi giovani.
William è tetraplegico a causa di un incidente stradale che
lo ha costretto su una sedia a rotelle.
La drammaticità della storia è rilevante ma al contempo il
film è sia ironico che romantico grazie alla bravura degli attori e alla scelta
dell’intreccio della trama che tratta la tematica dell’eutanasia, del suicidio
assistito e del testamento biologico.
Per noi cattolici, soprattutto noi giovani, è doveroso avere
un pensiero critico ed una visione chiara su queste tematiche così importanti e
toccanti.
Secondo la visione di questo film è l’uomo ad
auto-attribuirsi il titolo di “padrone assoluto della propria vita”, anziché
esserne un semplice amministratore.
Ci domandiamo se: il malato può essere libero al 100 per
cento di scegliere la strada della morte, quindi l’uomo come giudice supremo,
oppure è Dio che decide sulla nostra vita?
Proprio San Giovanni Paolo II, a tal proposito, parla di “cultura di morte”, ossia non più una morte determinata da leggi naturali ma una morte come accadimento programmato dell’uomo.
Locandina del film Io prima di te (Regia di Thea Sharrock, 2016) |
Proprio San Giovanni Paolo II, a tal proposito, parla di “cultura di morte”, ossia non più una morte determinata da leggi naturali ma una morte come accadimento programmato dell’uomo.
Solitamente uno dei motivi di queste scelte è il ritenersi
un “peso” sia per l’interessato sia per chi se ne prende cura. Nel caso di
specie le parole del protagonista sono: “Mi limito ad esistere!”, dunque
l’eutanasia porrebbe termine ad un’esistenza priva di valore e di senso e
sembrerebbe la soluzione più ragionevole.
Ci sono molte associazioni di aiuto al suicidio in Svizzera,
proprio lì il suicidio assistito è legale dal 1942, nel corso degli anni si è
creato un vero e proprio flusso di italiani decisi a porre fine alla
sofferenza.
Anche se le statistiche parlano di un 40 per cento di
persone che cambiano idea all’ultimo momento grazie al supporto dato dal medico
incaricato. In proposito la Congregazione per la Dottrina della fede dice che
le suppliche dei malati molto gravi che talvolta invocano la morte, non devono
essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia, esse sono
richieste angosciate di aiuto, di amore e di affetto.
“Amore”, cosa che aveva trovato il nostro protagonista. Un
film che, nonostante tutto, è un vero e proprio “inno alla vita” invitandoci a
non accontentarci mai, a vivere con audacia, a sfidare e a “mordere” la vita in
tutta la sua essenza!
(Pubblicato su insiemeragusa.it)
Nessun commento:
Posta un commento