di
Mario Gaudio
Il rapporto tra padri e figli è il problema più spinoso che
l’uomo necessariamente dovrà affrontare nell’arco della propria esistenza.
Essere genitori è un compito estremamente pericoloso: sbagliare potrebbe
significare incenerire i sogni dei propri figli e distruggere il loro futuro in
maniera definitiva. Essere figli è altrettanto difficile: non riconoscere
alcuni valori trasmessi dai propri genitori o calpestare il loro ruolo
significherebbe di fatto spezzare le maglie di una catena d’amore che si prolunga
nel tempo e che trova i suoi punti di congiunzione nell’atto di dare la vita ad
una creatura.
Al di là di questa premessa generale, Turgenev affronta la delicata questione
sotto un ulteriore punto di vista: quello del contrasto tra generazioni così
diverse che non hanno la volontà e la possibilità di comunicare o, comunque,
fare sintesi tra loro.
Ivan Turgenev |
Protagonista di Padri e figli è Bazarov, un uomo (o meglio un
personaggio) estremo, uno di quelli che si può amare o odiare e che non lascia
spazio a soluzioni di compromesso.
Il suo atteggiamento e il suo pensiero rientrano nella categoria del nichilismo (termine
coniato proprio da Turgenev per indicare l’«uomo che non s’inchina davanti a
nessuna autorità, che non accetta nessun principio come fede, di qualunque
rispetto questo principio sia circondato»), mentre le sue azioni sono
attorniate da una patina di impertinenza che ne accentua il carattere aspro e
polemico.
Bazarov si muove con sicurezza e spavalderia (pur essendo caratterizzato solo
da una pars destruens che ne fa, in fin dei conti, un personaggio
negativo) sullo sfondo di una Russia agricola ancorata alle vecchie tradizioni,
ma stimolata dalle idee liberali degli aristocratici più illuminati e dalle
progressive riforme agrarie (contadini salariati che prendono il posto dei
servi della gleba).
Il suo atteggiamento critico incarna in pieno il processo di estremizzazione
dell’individualismo anarchico che, in quegli anni, lottava per la distruzione
dell’ordinamento politico e sociale in vigore nelle sterminate terre russe.
Un simile intento non può che contrastare con chi si pone a difesa delle
antiche tradizioni pur lasciando spazio a qualche innovazione attraverso un
moderato liberalismo di tipo inglese. Da ciò nasce l’insanabile
contrapposizione tra Bazarov e Pavel Petrovič Kirsanov, zio del giovane
Arkadij, nella cui residenza il seguace del nichilismo è ospitato per
diverso tempo.
Lo scontro tra questi due sistemi di pensiero profondamente diversi sottende in
realtà l’astio tra due generazioni prive di capacità comunicative e culmina in
un duello nel quale Bazarov ferisce il vecchio Pavel Petrovič uscendo, solo
apparentemente e temporaneamente, vincitore.
Di lì a poco infatti, per una strana legge del contrappasso (l’amante delle
scienze naturali è ucciso dalla scienza stessa), lo stesso Bazarov rimarrà
ferito durante un’autopsia da lui eseguita sul cadavere di un contadino morto a
causa del tifo e contrarrà l’infezione che lo condurrà alla tomba.
Insomma, due “ferite” che possono essere lette anche in chiave metaforica: un
liberalismo moderato e riformatore (Pavel Petrovič) che, nonostante qualche
ammaccatura, sopravvive e uno spirito rivoluzionario che, al di là
dell’apparente vittoria, è destinato a soccombere.
Ad un primo impatto Padri e figli sembra
racchiudere tra le pagine l’insanabile contrasto tra due generazioni che
culmina in un duello ma, ad una lettura approfondita, è possibile ricondurre la
lotta alle pretese di ben tre contendenti.
Padri e figli di Ivan Turgenev |
Esiste infatti una terza generazione che combatte in modo silente ma efficace
la sua battaglia, benché si tratti di una competizione persa in partenza. La
terza protagonista del romanzo è abbastanza defilata dagli eventi, ma incarna in
toto l’ancien régime. Si tratta di Arina Vlas’evna, la madre di Bazarov, «una
vera nobile russa del tempo antico», pia e superstiziosa, incline a credere «a
ogni genere di presagi, di divinazioni, di scongiuri e di sogni», una donna di
vecchio stampo che simboleggia il pensiero di una generazione remota e
patriarcale destinata ad essere spazzata via non già dal nichilismo di Bazarov,
ma dal moderato e pragmatico liberalismo di Pavel Petrovič.
Anche Arina Vlas’evna combatte il suo duello, uno scontro durissimo con la
vita, dal quale esce sconfitta e ferita profondamente per la morte dell’amato
figlio Bazarov.
Insomma Padri e figli è il romanzo del contrasto tra idee e valori
che risultano incomprensibili nel passaggio da una generazione all’altra; il
dettagliato resoconto di un universo privo di dialogo, unico strumento efficace
per costruire ponti e abbattere muri nelle nostre società sempre più
tecnologiche e sempre meno disposte al confronto.
«[…] non c’è uomo che non abbia un compito, non foss’altro che quello di
morire: in questo, e sia pure in questo soltanto, Turgenev è più grande di
Tolstoj, che pretendeva di ridurre l’uomo a uomo comune: è più grande di
Dostoevskij, che pretendeva il contrario, non vi fossero altro che eroi –
demoni o santi» (Franco Cordelli).
(Pubblicato su dirittodicronaca.it,
Registrazione Tribunale di Castrovillari (Cs) N. 4/09 del 02/11/2009)
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