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sabato 20 gennaio 2018

La castità come trasgressione

di 
Valeria Alescio

“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio” (Mt 5,8).
Da questo passo del Vangelo prende spunto un’iniziativa che sostiene i ragazzi che hanno deciso di arrivare in castità al matrimonio, promessa che viene rinnovata ogni anno.
“Cuori Puri” ha sede in ogni parrocchia d’Italia in quanto non è un movimento ma, appunto, un’iniziativa.
Le conversioni avvengono ancora oggi. Ania Goledzinowska, dopo un pellegrinaggio a Medjugorje, abbandona le passerelle di alta moda, la vita di lusso e lussuria, smette di fare la top model, riesce a liberarsi dalle ferite passate, e sceglie una vita di castità e preghiera, fondando, con la collaborazione di padre Renzo Gobbi, questa nuova iniziativa esattamente il 25 giugno 2011. Oggi gli iscritti sono già qualche migliaio, anche se, nella società odierna, giovani che fanno questa scelta vengono considerati “mosche bianche”.
Gesù deve essere considerato, in qualche modo, nella vita di noi giovani, come il “navigatore” della macchina. Di fatto, cosa fa il navigatore quando si sbaglia strada, quando ci si perde? Ricalcola il percorso e riporta sempre a casa!.
La stessa scelta di purezza e castità è stata fatta dall’attore Eduardo Verastegni il quale dice che la castità prematrimoniale comunica al nostro futuro partner: “Guarda da quanti anni ti ho aspettato, sono stato fedele a te ancora prima di conoscerti”.

La castità vista come una “scelta”, non come un “ordine”, una regola bella, affascinante, ma al contempo difficile da seguire, però al termine gratificante.
Noi giovani dobbiamo tenere a mente che, la trasgressione più grande, oggi, è quella di non concederci, di andare controcorrente e di non conformarci.
È comprendere che “Il nostro corpo è tempio dello Spirito Santo” proprio come dice San Paolo nella Prima Lettera ai Corinzi.
Infatti Papa Giovanni Paolo II afferma: “Per l’amore il corpo non è che un tramite”, cioè l’amore che abbiamo dentro lo trasmettiamo attraverso il nostro corpo, quindi in questo caso donandoci nella totalità.
Dunque “Non conformatevi alla mentalità di questo mondo” a questo ci esorta San Paolo perciò dobbiamo sforzarci di vivere santamente. L’apostolo ci sollecita ad assumere un comportamento di radicale anticonformismo, siamo chiamati ad andare controcorrente, soprattutto noi giovani essere trasgressivi vivendo ed assumendo atteggiamenti che questo mondo non concepisce, primi fra tutti la castità, scelta positiva di vivere la sessualità secondo il progetto d’amore di Dio.
(Pubblicato su insiemeragusa.it)

venerdì 12 gennaio 2018

"Io prima di te" un film che è un inno alla vita

di 
Valeria Alescio

Il valore della vita lo comprendi quando non ti è permesso di vivere una vita “normale”!
È questo che accade, per uno scherzo del destino, a William Traino protagonista del film “Io prima di te”, insieme a Louisa Clark; tratto dall’omonimo romanzo di Jojo Moyes, il quale ha riscosso un grosso successo richiamando l’attenzione di moltissimi giovani.
William è tetraplegico a causa di un incidente stradale che lo ha costretto su una sedia a rotelle.
La drammaticità della storia è rilevante ma al contempo il film è sia ironico che romantico grazie alla bravura degli attori e alla scelta dell’intreccio della trama che tratta la tematica dell’eutanasia, del suicidio assistito e del testamento biologico.
Per noi cattolici, soprattutto noi giovani, è doveroso avere un pensiero critico ed una visione chiara su queste tematiche così importanti e toccanti.
Secondo la visione di questo film è l’uomo ad auto-attribuirsi il titolo di “padrone assoluto della propria vita”, anziché esserne un semplice amministratore.
Ci domandiamo se: il malato può essere libero al 100 per cento di scegliere la strada della morte, quindi l’uomo come giudice supremo, oppure è Dio che decide sulla nostra vita? 
Locandina del film Io prima di te
(Regia di Thea Sharrock, 2016)

Proprio San Giovanni Paolo II, a tal proposito, parla di “cultura di morte”, ossia non più una morte determinata da leggi naturali ma una morte come accadimento programmato dell’uomo.
Solitamente uno dei motivi di queste scelte è il ritenersi un “peso” sia per l’interessato sia per chi se ne prende cura. Nel caso di specie le parole del protagonista sono: “Mi limito ad esistere!”, dunque l’eutanasia porrebbe termine ad un’esistenza priva di valore e di senso e sembrerebbe la soluzione più ragionevole.
Ci sono molte associazioni di aiuto al suicidio in Svizzera, proprio lì il suicidio assistito è legale dal 1942, nel corso degli anni si è creato un vero e proprio flusso di italiani decisi a porre fine alla sofferenza.
Anche se le statistiche parlano di un 40 per cento di persone che cambiano idea all’ultimo momento grazie al supporto dato dal medico incaricato. In proposito la Congregazione per la Dottrina della fede dice che le suppliche dei malati molto gravi che talvolta invocano la morte, non devono essere intese come espressione di una vera volontà di eutanasia, esse sono richieste angosciate di aiuto, di amore e di affetto.
“Amore”, cosa che aveva trovato il nostro protagonista. Un film che, nonostante tutto, è un vero e proprio “inno alla vita” invitandoci a non accontentarci mai, a vivere con audacia, a sfidare e a “mordere” la vita in tutta la sua essenza!
(Pubblicato su insiemeragusa.it)