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mercoledì 23 aprile 2014

Elezioni 2013: il canto del Grillo e il pianto dell'Italia

di
Mario Gaudio

A cadavere ancora caldo (e la salma in questione è quella eccellente della politica italiana), le elezioni appena terminate rappresentano una pagina di indiscutibile importanza per la storia nazionale: non solo e non tanto per la difficile congiuntura economica nella quale il nostro Paese si trova invischiato, ma anche e soprattutto per la nuova conformazione politico-culturale venuta fuori dalle urne.
Stando ai dati ufficializzati ormai in via definitiva dal Viminale, l’attuale composizione politica delle Camere va sicuramente al di là delle aspettative di qualsiasi analista, senza considerare le emerite idiozie statistiche dei cosiddetti “instant poll”, frutto di algoritmi fallaci almeno quanto le montagne di promesse profuse da determinati soggetti in questa anomala campagna elettorale.
A partire dalla Camera dei deputati, con un inaspettato 25,55 % (e i relativi 108 seggi), il Movimento Cinque Stelle (è quasi paradossale vedere come questa denominazione tipicamente legata al mondo degli alberghi possa affiancarsi alle grandi idee di “democrazia” e “libertà” contenute nelle sigle di altre imponenti realtà politiche) ha iniziato la sua “marcia su Roma” affermandosi come primo partito nazionale e superando di pochissimo il Pd (25,42 %) e di molto il Pdl (21,56 %).
Ma i cosiddetti “grillini” hanno replicato addirittura in Senato, accaparrandosi ben 54 senatori (con il 23,79 % dei consensi) e ponendosi pertanto come ago della bilancia di un difficilissimo equilibrio politico determinato da una sostanziale parità di seggi tra centrosinistra (113) e centrodestra (116).
Dunque, il Paese si trova in una situazione di stallo, frutto di una legge elettorale talmente enigmatica e instabile (non a caso elaborata da un certo Roberto Calderoli e denominata simpaticamente “Porcellum”) che rende praticamente impossibile la governabilità e fa terminare queste agognate elezioni con un sostanziale nulla di fatto.
Gli scenari possibili sono variegati (dalle larghe intese Pd-Pdl alla strategica alleanza Pd-M5S,  fino alla possibilità di un governo di transizione finalizzato a promulgare una nuova legge elettorale in attesa di elezioni a breve termine), ma ci sono dei dati sui quali occorre riflettere.
Il primo punto è sicuramente la perdita di credibilità (misurata dunque in perdita di consensi) dei partiti tradizionali, frutto di un malcontento generale ma, soprattutto, di un bipolarismo abortito che ha cancellato di netto la grande storia dei partiti italiani della Prima Repubblica che, nonostante le umane pecche, garantivano la rappresentanza alle forme di pensiero e alle ideologie più diverse.
Il secondo argomento sul quale soffermarsi è l’assoluta mancanza di figure politiche di rilievo, di statisti in grado di polarizzare ampie fette della politica e della società civile su programmi finalizzati a garantire la stabilità.
Altra constatazione dolente è la mancanza di approccio politico alla campagna elettorale: pochi comizi, pochi volantini e manifesti, molte decisioni delle segreterie, con il risultato di allontanare parte dei cittadini dalla nobile arte politica (astensionismo elevato) o di farli avvicinare alle frange più populiste e demagogiche in grado di parlare al “ventre” della gente e di proporre la distruzione di un sistema senza avere in mente una fattibile alternativa di costruzione (trionfo del già citato Movimento Cinque Stelle).
Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio,
fondatori del Movimento Cinque Stelle
Ecco allora che dinanzi ad un Pd che non sfonda (forse per mancanza di fiducia nelle proprie potenzialità o semplicemente per non aver puntato sull’alternativa dell’energico Matteo Renzi), un Pdl che, nonostante abbia trascinato l’Italia nel baratro, continua a galleggiare grazie alle astruse promesse (rimborso Imu e company) del suo premier, un centro sostanzialmente inesistente (è innegabile il flop di Monti, ma prima ancora di partiti quali l’Udc e il Fli) si può assistere allo spettacolo dei “barbari” (in senso chiaramente figurato) che sfondano il confine e si riversano tra gli scranni del nostrano Parlamento.
Per completare il suddetto quadro, si aggiungano: il fallimento di “Rivoluzione Civile” con la conseguente scomparsa dal Parlamento di Antonio Di Pietro e della sua Idv e l’ulteriore ridimensionamento di una forza quale Rifondazione Comunista che nell’ormai lontano 1996 era riuscita ad accaparrarsi oltre tre milioni di voti con l’8,57 % delle preferenze e ben 20 deputati; la pessima performance (non solo elettorale) degli ormai estinti liberali di Oscar Giannino; il risultato non certo esaltante di Sel con un Nichi Vendola proiettato, fino a qualche giorno fa, verso più ambiziosi obiettivi.
Insomma, anche questa volta, l’urna meretrice ha dato il suo responso inappellabile: l’Italia è condannata all’instabilità, il ricambio generazionale della politica si è in parte verificato ma ad un prezzo altissimo (deputati e senatori “grillini” privi di qualsiasi precedente esperienza politica o amministrativa), gli elettori hanno firmato l’atto di morte di alcuni partiti, la credibilità internazionale stenta a ritornare: la ricetta è completa per preparare, tra le copiose lacrime del disagio italiano (vere e dolorose a differenza di quelle della Fornero), il funerale della fallimentare Seconda Repubblica, deceduta forse per aver soffocato troppo in fretta la Prima.


 (Pubblicato su dirittodicronaca.it, Registrazione Tribunale di Castrovillari (Cs) N. 4/09 del 02/11/2009)

(Pubblicato su lavocedelsavuto.it, Registrazione Tribunale di Cosenza N. 683 del 23/10/2002)

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