di
Mario Gaudio
Molto spesso la letteratura precorre i tempi e ha in sé un
qualcosa di profetico che, a distanza di anni, è verificabile quasi con logica
lucidità. Certo, Charles Dickens, nel lontano 1843, non avrebbe mai immaginato
che il suo A Christmas Carol (Canto di Natale) contenesse la
descrizione dei gelidi uomini d’affari del XXI secolo; così come il grande
autore inglese non avrebbe potuto minimante sospettare che il suo programma
ideologico potesse essere un’ottima soluzione per uscire, non dico indenni ma
comunque sopravvissuti, dal pantano economico, politico e culturale in cui ci
ritroviamo per palese colpa di figure più o meno losche (salvo le doverose
eccezioni) che hanno occupato in questi ultimi decenni gli scranni del potere.
Penetrando con maggiore incisività nelle idee di Dickens emerge un programma
politico-ideologico realmente all’avanguardia e perfettamente sintetizzato da
Alex Falzon nell’Introduzione all’edizione Mondadori dei Racconti di
Natale: «Più che cambiare le strutture della società, egli mirava a mutare
l’anima del singolo cittadino; Dickens non credeva nella rivoluzione perché
questa avrebbe portato soltanto a delle alterazioni in superficie senza
sconvolgere, a livello profondo, la condotta etico-morale
dell’individuo».
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L'avido Ebenezer Scrooge protagonista di Canto di Natale |
Ecco allora che nulla è più efficace per combattere una qualsiasi forma di
decadenza (e mai come oggi siamo sull’orlo del baratro) che l’intervento sul
singolo individuo piuttosto che su una determinata categoria o sull’intera
società. In fondo, si tratta di un principio evangelico: ognuno di noi è
chiamato ad essere «lievito» nel mondo in cui vive.
Basta poco per verificare, se anche ce ne fosse bisogno, la veridicità di
quanto detto: Ebenezer Scrooge, protagonista di Canto di Natale, «con […]
pugno di ferro […] teneva il timone, e […] sapeva spremere, torcere, afferrare,
grattare, ammassare, strappare, da quel vecchio e avido peccatore che era». Non
potrebbe esserci descrizione migliore per tracciare il ritratto di alcuni
manager delle più importanti multinazionali, di taluni banchieri o ministri.
Pare proprio che determinate categorie siano destinate a sopravvivere
addirittura ai secoli per perpetrare questa loro funzione di “spremitura”
sociale. Ma, riflettendo bene, si tratta di vite aride, sostanzialmente vuote e
forse monotone, non capaci di godere dei semplici piaceri quotidiani e delle
gioie del Natale.
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Charles Dickens |
Tuttavia anche il rapace Scrooge è posto dinanzi alla possibilità di redimersi:
l’incontro con il fantasma del suo defunto socio Jacob Marley prima e dei
Natali (del passato, del presente e del futuro) poi, unito al timore del suo
destino oltremondano, lo conducono a subire una «dolorosa temperata» (tanto per
citare la storia della matita descritta da Paulo Coelho nel suo Sono
come il fiume che scorre) che rende il vecchio uomo d’affari gioviale, cortese
e praticamente irriconoscibile rispetto al passato.
Vorrei aver trasmesso a voi, cari lettori, queste mie considerazioni con lo
stesso spirito e nelle stesse circostanze descritte dal già citato Falzon: «Siamo
all’essenza dell’uomo vittoriano, nel centro vitale del suo nucleo sociale: la
famiglia seduta in cerchio intorno al camino. E se qualcuno racconterà una
storia di fantasmi, nessuno avrà paura perché cosa al mondo, in un momento
simile, potrebbe recar loro danno e strapparli da un tale senso di comune
benessere?».
L’augurio più sincero è che ognuno di noi, in queste feste, possa cancellare
ciò che di turpe alberga nella propria anima incontrando, come Scrooge, il
“fantasma” della nostra coscienza e ascoltando docilmente il suo richiamo ad
una condotta giusta, solidale e felice.
(Pubblicato su dirittodicronaca.it,
Registrazione Tribunale di Castrovillari (Cs) N. 4/09 del 02/11/2009)
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